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la dama della regina 109

— Non mi avete osservata! Una grave umiliazione questa per una giovine. Meno male che confessate la vostra colpa. Per espiarla, voi ballerete ora con me, signore.

— Oh! ben volentieri, signorina! La punizione è, davvero assai dolce. O, per dir meglio, è un premio che io non meritavo e del quale vi sono molto grato.

Ballarono; ed ella seppe intrattenere l’ufficiale con tanto spirito che egli dimenticò completamente il suo stupido puntiglio. Si sentiva come stregato da quella graziosissima giovinetta.

Anche Aurelio era rimasto colpito dall’arditezza e dalla grazia di colei che a’ suoi occhi era stata fino a quel momento una bimba.

«Diventa donna la piccina e che donna!» pensava egli seguendola con lo sguardo nelle evoluzioni della danza, mentre le sue mani scorrevano senza bisogno di guida sugli avori del cembalo.

L’alba spuntò ben presto nell’azzurro cielo estivo; le lucerne impallidirono, le fiamme delle candele diventarono rosse. Il ballo non languiva ancora, solo alcune coppie che la simpatia aveva abbozzate per impulso inconsapevole sedevano qua e là su i divani, guardandosi negli occhi sorridendo o sospirando; discorrendo fitto fitto, o scambiandosi epigrammi; oppure assorte in un languido sogno interrotto appena da parole