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dere traballante nelle mani degl’inesperti portatori, don Ludovico non potè frenar le lagrime.

— È una profanazione — diceva. — Una crudele profanazione.

Per far piacere agli ufficiali il dottor Apolonio offrì di rinforzare il clavicembalo col violino, che egli sonava a orecchio con molto gusto e discreta abilità: allora anche la sorella del farmacista, che prima si rifiutava, acconsentì di accompagnare con la chitarra, per stare vicina a Marco.

Mai la gente ballò tanto come in quegli anni tragici e turbolenti, in Francia, e, per conseguenza, anche in Italia. Forse anche altrove. Ce lo dicono le storie, le cronache, i romanzi, gli epistolari. Si capisce che le feste da ballo allora non erano come adesso uno spettacolo ottico, uno sfoggio di lusso, un’occasione per farsi ammirare; ovvero, queste cose passavano in seconda linea e si sapeva farne a meno, pur di ballare.

Ballare, in qualunque modo, in qualunque luogo era una passione, una frenesia. Un abito bianco, un fiore ne’ capelli, e via. Quel giorno, al subitaneo invito, tutte le invitate risposero di sì, con gioia; e quelle che non avevano pronti gli abiti si misero in gran furia a lavare e a stirare le