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mento scendeva malinconicamente sulle loro teste.

Una carrozza che aveva atteso qualche tempo davanti al portone partì di corsa. Angelica entrò nella sala.

— Sei qui finalmente! — esclamò Riccardo. — Dove sei stata?

— Dove mi è piaciuto. Che c’entri tu a farmi il tutore?

— Va via.

La monella ebbe una risata.

— Me ne vado perchè sono le undici e giacchè non posso andare al veglione, voglio andare a letto.

Quando ella fu uscita, Riccardo tornò a levare gli occhi dal libro. Quella parola „veglione“ buttata là, così, lo aveva colpito. Si alzò, andò nel corridoio, e chiamò:

— Caterina!

Nessuno gli rispose: la cucina era buia.

— È andata a letto anche lei — mormorò rientrando. — Ma la mamma? ma Eugenia?

— Non hai sentito che sono andate dalla Zoe?

— Voglio andare a vedere.

Maria lo guardò sbigottita.

— Perchè?

— Temo che facciano qualche sciocchezza...

— C’è tua madre!... Se si accorge che la sorvegli, avrai dei fastidi... inutili.

— Hai ragione. Aspetterò che venga giù il