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Essendo ricco, la passione estetica gli suggerì naturalmente il desiderio di contornarsi di cose belle; così egli divenne un raccoglitore, quasi un mecenate dell’arte; disgraziatamente senza capirci molto. Le scarse cognizioni, il poco acume, la buona fede e il troppo facile entusiasmo fecero di lui una vittima predestinata degli imbroglioni, così frequenti e raffinati nel commercio artistico. Quanti denari sciupati in quelle pretese meraviglie che il buon Leonardo, già sul limitare della rovina, custodiva devotamente!
A parte la sua manìa con la quale aveva preparata la decadenza della famiglia, Orlando Valmeroni era un degno galantuomo, un ingegno simpatico, un cuore d’oro, dotato di una intelligenza naturale, fuori che nel giudicare di quadri e statue; un patriota e un valoroso. Aveva preso parte al movimento rivoluzionario italiano fin dall’adolescenza; ed anche il patriottismo e l’umore della libertà avevano aperto una breccia nel suo patrimonio. Nel quarantotto e nel quarantanove aveva pagato col proprio sangue, e dieci anni dopo aveva combattuto ancora avendo al fianco l’unico figlio suo, non ancora ventenne. Nè mai poi, a cose fatte, gli era venuto in mente di chiedere alla patria un compenso delle sue prestazioni, dei suoi sacrifici: se ne sarebbe vergognato.
Molti dei quadri da lui acquistati, se dimo-