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Ella non chiedeva che amore, perchè lavorava e il suo lavoro bastava a mantenerla. Dunque quel lavoro circondato da tante noie, da tanti fastidi, serviva pure a qualche cosa di nobile, di elevato. Quel lavoro le dava l’indipendenza del cuore. Grazie ad esso, non era obbligata a giuocare alla gran lotteria del matrimonio, la cui posta è la vita.
L’affare era escluso dalla sua possibile unione con un uomo: non restava che l’amore, la simpatia almeno. Pure anche lei poteva incontrare un uomo che oltre l’amore le offrisse l’agiatezza; anche a lei poteva capitare un marito come l’aspettava e cercava l’Eugenia. Se un uomo ricco, giunto ad un alto grado sociale si fosse innamorato di lei, l’avrebbe egli sposata nonostante la sua nascita?... Probabilmente no, appartenendo ad una famiglia nobile; ma essendo solo al mondo e di nascita plebea, chissà?... L’immagine di Faustino Belli, che sempre fluttuava nella sua mente dal giorno in cui lo aveva sentito a parlare davanti alla salma della vecchia Valmeroni, si snebbiò improvvisamente e le apparve nitida e quasi reale. Ella chiuse gli occhi e rimase immobile per contemplare dentro di sè l’affascinante immagine. Quello era, secondo lei l’uomo che, per le qualità esteriori e intellettuali e per il posto che occupava nella società, poteva appagare i sogni, i desideri d’amore e l’ambizione della più esigente fra le donne.