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delle eterne ripetizioni, che trascinano lo spirito ineluttabilmente nell’assopimento e nella materialità del mestiere. Questa sintesi della sua vita l’atterriva. Quale maligna potenza l’aveva evocata?
„Le donne d’ingegno hanno il cuore freddo e il sangue calmo come il latte“ aveva detto Eugenia ripetendo le parole di Luciano.
Le donne d’ingegno? e alludeva a lei e all’Antonietta?
„Se fosse almeno vero“ diceva tra sè la fanciulla: „Non si soffrirebbe come si soffre. Ma se il bel giovanotto dice che abbiamo il cuore freddo e il sangue di latte, perchè capisce che non ci si lascerebbe turlupinare, come questa povera Eugenia, ha mille ragioni. Sangue di neve e cuore di pietra, potrebbe dire“.
Daccapo l’afferrava il problema di quella ragazza — e chi sa quante ve ne erano come lei — tormentata dal desiderio di vivere; stanca, prostrata dall’attesa e tuttavia abbastanza padrona di sè per imporsi un termine, una dilazione, per non rinunciare ancora alla speranza suprema, alla meta agognata: a un buon matrimonio, tale da appagare tutti i suoi desideri, gl’ideali, le ambizioni. Ella sorrise involontariamente. Non chiedeva troppo la buona Eugenia? Non chiedevano troppo le fanciulle all’uomo, al presunto marito? Non era forse là il principio del malinteso?