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— Ah! Povera me! Quella birbona farà di tutto per mandare a male il nostro progetto. Adesso capisco l’occhiataccia che mi ha rivolta poco fa.
— Non dirà nulla, vedrai. Mi ha promesso di tacere.
— Pur che taccia davvero!
— Avreste dovuto condurla anche lei, così taceva di sicuro.
— E chi rimaneva in casa a badare ai ragazzi?
— Ci sono io...
— Tu hai il tuo da fare. E poi la mamma non si diverte più se deve condurre con sè la zingara. Tu sai quanto è sguaiata. D’altra parte io non capisco perchè voglia mettersi a pari con me. Quando io avevo sedici anni e fino ai diciotto, la mamma non mi conduceva che al Gerolamo, e mi faceva portare le sottanine corte, ti ricordi? lunga e grassoccia come ero.
Risero entrambe.
— Ora ho ventiquattro anni — riprese l’Eugenia malinconicamente. — Bisogna che mi mariti. Se passano ancora due o tre anni il matrimonio diventerà ancora più difficile per me che non ho nè un soldo di dote, nè una professione. Io devo maritarmi o sparire.
— Sparire?
— Sparire, sì. Che credi, che io voglia stare qui a far la ragazza vecchia? Se fossimo ricchi o agiati, pazienza, potrei divertirmi e sposarmi