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avrebbe avuto un’ombra, come tutte le gioie individuali; poichè, veramente, pure e complete, non possono essere altro che le gioie universali derivanti da un bene comune a tutti gli uomini. Nel suo caso l’ombra veniva specialmente dalle lagrime di Antonietta, dall’intima irrimediabile infelicità di Paolo.
Se non avesse amato tanto Maria, avrebbe voluto rimanere senza amore tutta la vita per essere pari a loro, per non offenderli con lo spettacolo di una felicità ad essi — per diverse ragioni — forse inesorabilmente negata. Amando come amava, il sacrificio gli appariva impossibile; pure trovava la forza di tacere ancora, di attendere.
Dal suo canto, Maria non l’incoraggiava a parlare. Sapeva bene che entrando in qualche spiegazione, ella avrebbe dovuto parlare ancora di Faustino Belli e questo pensiero bastava a toglierle ogni coraggio. Sapeva che Riccardo l’amava sempre; sapeva che se ella doveva amare ancora, l’amato non poteva essere che Riccardo; ma l’amore le faceva paura; e più dolce dell’amore, le pareva, nel suo stato doloroso, quell*limone forte e pura che li stringeva nell’operosità collettiva. Tuttavia, una sera d’inverno, mentre ritornavano soli dalla campagna, con un treno in ritardo, in un vagone vuoto, Riccardo si era permesso un’allusione ai sentimenti che lo martoriavano.