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Tutte efficaci cause eran queste e potevano spiegare a sufficenza lo stato d’animo di Antonietta. Malgrado ciò, Maria Clementi non se n’accontentava. Ella pensava, pur non sapendone nulla, ad un amore senza speranza, amore non corrisposto o impossibile per altri motivi, il ragionamento di Maria era semplice. Ella si diceva: «Chi al mondo dovrebbe avere meno speranze di me, giudicando l’avvenire in rapporto alle mie condizioni sociali e materiali? Chi sono io? Una figlia naturale, che ha perduta la madre quasi appena nata, e il cui padre è peggio che morto. Una povera maestra elementare condannata a dare gli anni più belli ad un lavoro faticoso, spesso amareggiato da invidie e da ingiustizie. La maggior parte delle mie compagne invecchia miseramente nella solitudine e nell’oblìo. Eppure, io non sono senza speranze, tutt’altro; la speranza fiorisce rigogliosa nell’anima mia. Quantunque io abbia due anni più di Antonietta e non sia fidanzata, nè promessa segretamente, sono sicura che non finirò sola e dimenticata.
«Il mio giorno di sole verrà: non è possibile che mi manchi. E questa sicurezza basta a farmi sopportare con rassegnazione i giorni d’ombra e di malinconia. Ce ne vorranno dei giorni neri e dei colpi di mazza sul mio cuore e sul mio cervello perchè la mia fede si spezzi e le mie illusioni svaniscano. Probabilmente verrà