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devo chiaramente, ma intuivo tutta la grandezza della mia disgrazia!... Un traditore, un ladro! Ah! come vorrei strappargli il cuore a quel miserabile, al genio malefico, che consigliò, o impose forse al povero moribondo il malaugurato testamento. Ora comprendo tutta la sua malizia. Ha voluto arricchirsi ed essere il padrone, per defraudarmi di tutto. Quando anche m’inducessi a sposarlo, non potrei disporre di nulla, non potrei aiutare nessuno; e chi sa, passato il capriccio, che vita di miseria mi farebbe fare. La sua perversità è un abisso tenebroso, nel quale bisogna discendere per discoprirne l’orrenda profondità. Tu dici che solo il rimorso non si dimentica mai: in questo momento io credo all’eternità dell’odio. Vorrei essere perversa come lui per poterlo punire come merita.
Ella camminava per la stanza, parlando forte, con voce alterata, in preda ad una collera di cui nessuno l’avrebbe creduta capace. Disse allora Antonietta:
— La punizione più terribile è quella che tu gli imponi col tuo rifiuto di sposarlo. Dopo tutto quello che ha fatto — e deve essere un pezzo che lavora — non avrà un centesimo.
— Ma neppure io avrò nulla. Sarò punita come lui, io senza colpa!...
— Avrai forse le cinquantamila lire.
— Ci credi?... Io non le aspetto. In ogni modo,