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degno di esser felice, che un cuore deluso, lacerato, un cuore divenuto debole e diffidente.
— Lo ami forse ancora quel commediante? — domandò Antonietta angosciata.
— No, no. Lo disprezzo. Tu sai che ero risoluta a persistere nel rifiuto; ma non mi aspettavo di esser così profondamente convinta della sua bassezza... Ora credo anche all’imbroglio delle diecimila lire per il quadro del Ferramola, e devo dire a me stessa: ho amato un ladro, un farabutto: è stato il mio primo amore... È orribile... la vita non ha più incanti, non ha più illusioni per me... Vorrei finirla subito... sparire.
Antonietta la interruppe.
— Tu dici questo? Tu parli di toglierti la vita? E a me ne parli?... Io che non dovrei più vedere il sole, io vivo; e tu stessa hai detto che devo vivere. E tu vorresti morire?... Il dolore che tu provi è grande, è giustificato; ma è un dolore che passerà, perchè è tutto soggettivo, nasce e muore in te sola. Tu non hai fatto il male di nessuno; nessuno è morto per colpa tua. I soli dolori irreparabili, indimenticabili sono quelli che pesano sulla nostra coscienza. Rialza dunque il tuo coraggio, tu sarai felice ancora, tu che sei innocente e pura. La tua illusione è stata nobile e generosa; l’uomo che diverrà il compagno della tua vita non potrà mai rimproverartela...