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sando che non si sarebbe più curato di lei. E diceva all’amica:

— A Roma potrà trovare una qualche ricca signora, una qualche straniera ambiziosa e fors’anche innamorata.

Ma Antonietta scrollava il capo.

— Non credere che egli rinunzi a te con tanta facilità. Trecento mila lire rappresentano una dote abbastanza considerevole per uno che in realtà non possiede nulla; e poi, tu gli piaci molto e non troverà così presto un’altra che sia tanto di suo gusto.

Di fatti, non tardò molto che Faustino tornò all’assalto, prima con una lettera, nella quale si vantava di aver taciuto alcun tempo, rispettando il dolore di Maria e di tutta la famiglia in quel penoso periodo.

Pochi giorni dopo egli arrivò in persona.

Era la fine di marzo; la primavera si annunziava dolcissima, luminosa, senza i soliti venti perturbatori. Un bel mazzo di violette era giunto da Pavia per Antonietta, e la loro fragranza imbalsamava la casa. Erano del giardino di Paolo Venturi, ma le mandavano i Pagliardi. Per nulla al mondo il fiero e delicato giovine non avrebbe mandato dei fiori ad Antonietta. Leonardo era andato a Malgrate per sorvegliare alcuni lavori.

La signora Elisa usciva con Angelica, mentre Maria rientrava appena finita la scuola.

— Come hai fatto presto oggi! — esclamò Antonietta vedendola.