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chirurgo disse a Paolo Venturi che la ferita di Antonietta poteva non essere mortale; aveva trovata la palla e sperava di poterla estrarre senza troppa difficoltà; ma ci sarebbe voluta una donna, una madre, una sorella... almeno un’amica per vegliare al capezzale dell’infelice signora e addolcire con affettuose parole la tremenda tensione del suo animo.
Allora Paolo andò a Malgrate a prendere Maria.
Verso la fine d’ottobre il chirurgo dichiarò l’Antonietta fuori di pericolo dal suo punto di vista di chirurgo: la ferita era chiusa e nelle migliori condizioni; ciò non ostante egli nutriva, d’accordo col dottor Monti, molte e vive inquietudini per l’avvenire della fanciulla. Esteriormente gli organi sembravano guariti, ma nell’intima compagine del suo essere doveva esistere una lesione forse irrimediabile. I nervi, il cervello, la psiche avevano ricevuto una scossa terribile: nessun occhio, per quanto abituato a scrutare i misteri della vita, poteva misurarne la profondità e giudicare delle sue conseguenze. Ciò che li impauriva sopra tutto era il silenzio ostinato e la continua concentrazione della convalescente. Sotto quel silenzio e quella concentrazione si celava l’idea fissa, e l’idea fissa conduce alla monomania.