Pagina:Speraz - Signorine povere.djvu/321


— 323 —

Il sole tramontava; nella penombra del crepuscolo la danza diveniva più ardente, più scapigliata. Angelica e il Mainetti uscivano di tratto in tratto dalle file per fermarsi a ridere. Ella aveva degli scoppi d’ilarità quasi convulsi; poi si calmava e ritornava a ballare.

Isidoro e Antonietta non si staccavano mai, non parlavano, portati via dalla tempesta che li flagellava.

Nell’ombra, anche il violino del cieco si accendeva. Sentiva egli il vento di passione che spirava intorno a lui? Serio, malinconico, egli pareva assorto nella visione della notte eterna che in sè lo chiudeva; e cercava di trasfondere nei suoni la poesia della sua anima. E il povero violino di dozzina narrava gli spasimi di quell’anima con voce flebile o vibrante, non di rado eloquente, ma i suoi compagni non lo seguivano nè sulla via dell’arte, nè su quella del sentimento. Il basso, ottuso ad ogni senso di poesia, incretinito dalle frequenti libazioni, riesciva appena a tenere il tempo; e il clarinetto rideva per conto proprio, filando le note con superba indifferenza da egoista raffinato che solo in sè si appaga.