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paralitico che sonava la chitarra e andava questuando con tanta dignità, aveva seco due individui assai più volgari, uno col contrabasso, l’altro col clarinetto.
— Un valzer! Un valzer! — gridavano le voci allegre.
Il violino intonò una patetica introduzione. Subito le coppie si formarono. Il Mainetti con Angelica aprì la danza.
Il capitano afferrò Antonietta, che si lasciò trasportare come in un sogno.
Paolo Venturi, che non ballava, seguiva con gli occhi ardenti la coppia innamorata. Non era più gelosia il sentimento angoscioso che lo turbava. Non era gelosia, no, egli se ne rendeva chiarissimo conto. Era una angoscia paurosa, una sorte di terrore.
Ed essi passavano e ripassavano, davanti ai suoi occhi sbalorditi, come in balìa del vento, in quell’abbraccio apparentemente rigido nella sua correttezza convenzionale. Paolo intendeva perfettamente che Antonietta si abbandonava anima e corpo in quell’angoscia disperata.
„Cosa sarà di lei se si abbandona così?... Come farà a vivere quando egli sarà partito?... „Amarla tanto e non poter nulla per lei, per la sua felicità! Non poterla neppure salvare dalla disperazione.“
Questo pensiero si configgeva come un ferro rovente nel cervello di Paolo Venturi.