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e gli occhi malinconici di Antonietta gli facevano troppa pena. Avrebbe dovuto distogliere Isidoro dall’infliggerle quella prova.
Con tali pensieri, egli giocava male; era distratto. Anche la partita a scacchi andava poco bene. Pareva che i due giocatori mirassero a perdere, tanto erano gli errori in cui cadevano impunemente.
Di fuori, si sentivano i ragazzi di casa fare il chiasso con un branco di contadinelli. A un tratto facevano irruzione nel capanno empiendo l’aria delle loro risate, delle loro voci fresche, squillanti.
— Io scoppio — disse Isidoro sommessamente.
— Perchè?
— Ho bisogno di parlarti. Questo è il supplizio di Tantalo. — E ad alta voce: — È inutile continuare: io sono spacciato. Ella non ha avuto pietà di me, signorina.
— Può rifarsi ancora.
— No, no Troppo buona. Andiamo a spasso piuttosto.
Stavano per uscire allorchè si udirono alcune voci che si avvicinavano.
— Visite! — annunziò Angelica, ritornata in quel momento.
Si alzarono tutti per muovere incontro ai visitatori. Erano i soliti villeggianti del vicinato: due sposini milanesi con una sorella dello sposo, che avevano preso in affitto un villino