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— Gli affari vanno di male in peggio; i creditori sono stufi; questa casa è coperta d’ipoteche. Il meglio per noi sarebbe di venderla e di ritirarci in campagna, dove si potrebbe ancora vivere e discretamente. Invece pensano di vendere quei pochi ettari di terra che abbiamo ancora. La mamma non vuol sentir parlare di Lecco; quella lì (accennava alla camera dove si era chiusa l’Eugenia) dice che vogliamo seppellirla viva. Io non ho voce in capitolo e il babbo, poveraccio, meno di me.

— E’ doloroso — sospirò Maria, mentre l’Antonietta corrugava le nere e folte sopracciglie.

— Questi sono i fastidi grossi — riprese il giovine — i fastidi che preparano la catastrofe finale, vicina a scoppiare, se pure non riesciremo a ritardarla con la vendita della famosa galleria e della raccolta del nonno che ingombrano tutto un appartamento rubandoci un reddito sicuro di settecento o ottocento lire.

— Non le compra quel Klein? Mi diceva la zia Ersilia che l’affare stava per essere concluso, che il pranzo dell’altra settimana aveva questo significato.

— Oh, il pranzo dell’altra settimana fu un’altra di quelle spese pazze che si usano in casa Valmeroni. La nonnina, poveretta, che vedeva malvolentieri la vendita dei quadri raccolti da suo figlio con tanta spesa e fatica, mi diceva col suo naturale buon senso: «Vendere, pazienza;