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più grandi bisogni dell’umanità era il bisogno di una fede nuova: di una fede fondata dalla scienza, scevra di fantastiche tradizioni e senza ministri interessati a mantenere gli animi sottomessi. Una religione senza terrori, la religione della vita e della natura.

Con questi pensieri egli si allontanò dalla tomba di sua madre e si avvicinò al Famedio. Salì la gradinata e si assise sul parapetto della terrazza.

Il sole era ormai alto e tutto il cielo brillava del suo splendore. Si presentiva una giornata torrida, sebbene l’aria mattutina mantenesse ancora una dolce frescura.

Egli alzò gli occhi e spaziò lungamente lo sguardo per l’infinito. Una benefica calma era entrata nel suo cuore; una serenità dolce, soffusa di tenera tristezza, dominava il suo pensiero. Non diverso dev’essere lo stato d’animo del saggio nel suo perfetto equilibrio. Tutto a un tratto, egli fu preso da un tremito e pronunciò parole che gli parvero suggerite:

— In questo istante mia madre è forse qui vicino a me.

Ritornò allora, come tante volte, sul ricordo di una lezione del geniale scienziato Tito Vignoli che tanto l’aveva impressionato. In quella lezione il maestro parlava della formazione della vita e quindi della coscienza della vita, e pure affermando che nulla vi ha in essa di soprana-