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quasi che una persecuzione del destino trasformasse in male il bene che egli voleva fare. Per la sua intromissione presso la signora Arquati, Antonietta aveva dovuto lasciare la casa dei suoi zii, dove viveva nell’agiatezza e, salvo alcune piccole contrarietà, assai tranquilla. Ed altri acuti dispiaceri egli le aveva attirati con la sua smania di vederla felice. Dolente di tale insuccesso e bramoso di ripararvi in qualche modo, gli era parsa una bella trovata quella di fondare una rivista letteraria, della quale avrebbe offerta all’Antonietta la direzione. Gli pareva impossibile ch’ella non dovesse accettare. Colta, intelligente, dotata d’ingegno vivace e battagliero, aveva tutte le qualità per riescire nelle lettere, specialmente nel giornalismo. Assistita da lui e resa indipendente mediante lo stipendio di direttrice che intendeva di fissarle, ella poteva farsi conoscere in poco tempo dal pubblico che legge e prepararsi una discreta carriera. Con questo bel sogno egli si era recato quella sera in casa Valmeroni, non sospettando neppure che il suo sogno dovesse essere così miseramente distrutto.

— Prova d’ingenuità e di superficialità imperdonabile! — pensava egli ora. — Conoscendo il carattere fiero, energico e la modestia di Antonietta, dovevo prevedere il rifiuto. Era naturale ch’ella non volesse da me quella specie di risarcimento.