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Antonietta le consigliava indulgenza. Era sempre suo padre Aleardo Cantelli; e la sua colpa non era senza attenuanti. Aveva sposato giovanissimo per volontà della famiglia, una donna che non gli piaceva. La passione l’aveva trascinato verso Teresa Clementi.

Maria replicò con impeto:

— Credi che io gli rimproveri la sua colpa d’amore? No, no. Ciò che io non gli perdono è di avere mentito con mia madre: di averle promesso cosa che non poteva mantenere, e di averla poi abbandonata, così; e di non essersi mai ricordato di me. Son queste le sue imperdonabili colpe.

Col busto eretto sopra le coltri, le braccia nude, le lunghe treccie diffuse su i candidi lini, il volto acceso e gli occhi scintillanti d’indignazione, Maria si rivelava indubbiamente, nelle parole c negli atti, una tempra energica e una creatura di passione. Certo ella aveva ereditato con la bontà e la tenerezza materna, gl’impeti e i trasporti del padre.

Intanto quei ricordi l’avevano fatta piangere; e le lagrime la sollevarono.

A poco a poco si calmò. Dopo altri discorsi, in seguito a certe osservazioni sulla famiglia di suo padre che viveva nell’agiatezza, mentre i Valmeroni si trascinavano sempre fra nuove difficoltà finanziarie, e a lei toccava fare la maestra, una quistione nuova si affacciò allo spirito aperto e vivace delle due giovani.