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Quando l’ultimo accordo morì nell’aria vibrante, il pittore disse:
— Noi soli l’abbiamo ammirato come merita; solo le nostre anime si sono unite alla sua ed egli non ne ha avuto alcun conforto; l’hanno ferito invece continuamente le voci indifferenti e volgari di queste bestie civili: così è la vita dell’artista. Noi sentiamo l'indifferenza, il disprezzo della folla, o le lodi banali che c’indispettiscono; ma la parola commossa e la delicata simpatia dell’essere che ci ha veramente compresi non giungono quasi mai fino a noi.
Riccardo trovò giuste le osservazioni dell’amico, quantunque egli pensasse che l’esercizio dell’arte debba dare all’artista la più grande soddisfazione. E in prova di ciò soggiungeva:
— Guarda quel povero cieco: la sua mano accarezza il violino, che egli deve amare nonostante la sua meschinità; e nel volto ha mutato colore e porta ancora l’impronta della ebbrezza artistica. Giurerei che non si cura di ciò che avviene intorno a lui, ma insegue le immagini destate dalla musica nel suo cervello.
— Tu ami l’arte come si ama una donna che non sarà mai nostra — mormorò il pittore sorridendo.
Intanto il vecchio si avvicinava alla loro tavola col piattino di metallo per raccogliere il loro obolo. Aveva l’aria di un professore d’Università, di un gran medico, di un consigliere, piuttosto che di un povero girovago.