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E l’ascoltavano con raccoglimento, il povero cieco.
— E’ singolare che tremando così, il vecchio riesca a prendere le note giuste — osservò Riccardo. — Deve fare una gran fatica.
Nella sala piena di gente, dove i pranzi volgevano al loro termine e le conversazioni si animavano eccitate dai vini e dai liquori, quasi nessuno faceva attenzione ai due musicisti. Forse solo Riccardo e il pittore li ascoltavano con interesse. Era evidente che il cieco sonava per sè, senza darsi alcun pensiero di quel pubblico distratto e per lui invisibile. Il vecchio, invece, con tutta la sua rassegnazione, non sapeva frenare certe occhiate sdegnose. Al primo pezzo ne seguì un altro, originale, appassionato. Era il canto d’un’anima desolata che cercava uno sfogo al proprio dolore. A momenti le note sembravano schianti, singhiozzi, gridi disperati. Allora il povero violino di dozzina gemeva e pareva sul punto di spezzarsi. Certo, lo stile del violinista non era molto elegante, nè sempre corretto, ma in compenso quanto slancio, quanta passione, quanta vita! Dopo la tempesta seguì un motivo soave, nel quale si sentiva la stanchezza di un’anima torturata e un tenero abbandono. Il viso del cieco mutava espressione: diveniva dolce, estatico, come se egli avesse contemplato dentro di sè una visione di paradiso.