Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 218 — |
— Domani mattina qui; verso le nove. E dove va a cantare di solito? Mi piacerebbe sentirla.
Di solito egli poteva entrare nei caffè e nei ristoranti più in voga; ma in quell’arnese non affrontava la luce; perciò quella sera non avrebbe cantato che in qualche ritrovo fuori di mano; nella penombra di qualche giardino.
La strana avventura aveva distratto il giovine dalle sue personali tristezze. Quel disgraziato, quello ex-artista, bislacco ma sincero, che si esprimeva bene, da persona educata, ed era caduto in tale miseria, aveva destato in lui uno sgomento nuovo: come se da uno spiraglio avesse fissato lo sguardo in un abisso di miserie e di patimenti non mai pensati, quantunque le amarezze della vita non gli fossero ignote.
Varcato il ponte svoltò a sinistra, camminando lungo il naviglio. Giunto al ponte di porta Venezia entrò sul Corso e si diresse verso il centro.
Erano le sette e mezzo. Ricominciava il movimento; le carrozze del tramway non passavano più quasi vuote come mezz’ora prima; molti uomini uscivano, fumando, dalle case; alcuni in compagnia di signore. Certi negozi sfarzosamente illuminati attiravano la curiosità dei passanti. Altri parevano addormentati nella penombra. Le venditrici chiacchieravano tra loro. In un negozio di guanti una signorina, seduta