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vecchia spinetta già tanto cara a Leonardo; e si ricordò che egli non la toccava più dacchè aveva venduto i quadri. — Povero zio! — mormorò intenerita.

Gli imballatori finivano di picchiare e se ne andavano.

— Domani a sera avremo imballato tutto — dissero a Riccardo nel salutarlo. Anche i facchini del fotografo si allontanarono: salivano al terzo piano, mentre gl’imballatori scendevano, parlando forte tra loro. E le voci alte e robuste rimbombavano nella casa tranquilla, nel silenzio delle stanze vuote, dove la polvere sollevata rimaneva sospesa come una nebbia leggera che il sole indorava.

I due giovani si trovavano nella saletta centrale, quella che Leonardo chiamava il tesoro, perchè conteneva i migliori quadri, alcuni dei quali erano ancora a posto; altri giacevano a terra. Riccardo si guardava intorno. Maria volgeva gli occhi al cielo che i riflessi del tramonto tingevano di rosa.

Egli proruppe a un tratto, come se i suoi pensieri fossero stanchi di dibattersi nel cervello:

— È vero, questa partenza è una tristezza. Darei una parte della mia vita, perchè Augusto Klein non fosse mai entrato nella nostra casa. E fu il nostro malgenio che ce l’ha condotto. Se la „nonnina“ non fosse morta, questa