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che aveva consacrata tutta la sua vita all’amore di un morto, al culto delle memorie, alla religione di una famiglia. Ma come le diceva bene queste cose Faustino Belli! Come mostrava d’intendere la virtù, il sacrificio, l’eterno amore, la fede serbata a una tomba! La sua voce musicale aveva accenti strazianti; in certi punti sembrava che egli non potesse rattenere le lagrime; poscia, con uno slancio dello spirito lasciava le immagini dolorose per innalzarsi e salire alle alte regioni dell’ideale. Allora la sua parola alata sollevava i cuori che aveva poc’anzi lacerati con la pittura di scene patetiche, con accenti di profonda angoscia.

Elisa Valmeroni, Ersilia Pagliardi, Eugenia Valmeroni, Flora Ermondi, Maria Clementi e molte altre signore ascoltavano rapite quelle frasi poetiche, eloquenti, quella voce calda, morbida, affascinante. Quand’egli tacque un sommesso mormorio si esalò dai petti vibranti di commozione. Gl’impassibili ministri della morte sollevarono la bara e si avviarono con essa all’ultima mèta. Leonardo si accostò all’amico e lo ringraziò piangendo.

— Sono io che ti devo ringraziare — rispose umilmente il cavaliere. — E adesso? Vuoi che andiamo a casa? Hai fatto abbastanza: non abusare delle tue forze. Leonardo scrollò il capo. Non poteva, no, non poteva lasciarla ancora. Voleva starle vicino fino all’ultimo istante.