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aveva vedute con i propri occhi. Molto eccitato per la vendita dei suoi quadri e per qualche brindisi troppo ripetuto, commosso dalla partenza di Eugenia, contento e malcontento insieme di ciò che gli accadeva, il buon Leonardo aveva una parlantina insolita.

E decantava su tutti i toni la bellezza di sua figlia, la bontà e la fortuna commerciale di suo genero; poi veniva la volta della folla che si pigiava per vederli alla stazione. E quel coupé di prima classe pieno di fiori, riservato agli sposi?... e la colazione?... che squisitezza!... E i brindisi?... Bravi ragazzi quei giornalisti! come sapevano bene le gesta dei Valmeroni, le loro glorie, i loro meriti patriottici!... e intanto, Eugenia era partita: aveva lasciato i suoi parenti... povera, cara Eugenia!... Ma i Valmeroni finalmente risorgevano...

Tutto a un tratto si ricordò della sua povera nonna e pensando che se fosse vissuta ancora alcuni mesi avrebbe assistito a tanti avvenimenti, s’intenerì fino alle lagrime.

La signora Elisa, anche lei sufficientemente esaltata, parlava di Eugenia come di una principessa, mostrando all’Ersilia e all’Antonietta alcuni capi del corredo non ancora chiuso nelle casse. Erano camicie di batista, finissime, guernite di ricami, di trine, di nastri; calze di seta; sottane di moire bianco; accappatoi di una eleganza squisita.