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vedeva, incapace d’illudersi fino alla cecità che assolve, e incapace di respingere completamente, con determinata volontà, la inebriante illusione. Le pareva come se un muro si fosse drizzato nel mezzo della via ch’ella doveva percorrere: un muro alto, nero, poderoso. Ed ella non avrebbe mai il coraggio, nè la capacità di scalarlo, nè la forza di aprirvi una breccia, nè la suprema sagacia di voltargli le spalle. A pie’ del muro, nell’incertezza eterna, nell’inerzia invincibile, condannata a consumare miseramente la sua inutile esistenza.

Così triste fu per Maria Clementi la visione dell’avvenire in quella mattina di maggio, dopo il fiero turbamento e le angosce e i contrasti che la lettera di Faustino Belli aveva destato in tutto il suo essere.