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trovandolo, ella tenta d’irrigidirsi e giura di chiudersi in austera solitudine, mentre il suo sangue giovane, il suo sangue ardente le sferza le vene e il suo cuore spasima di tenerezza e di voluttà soffocate; mal soffocate; e i suoi occhi cercano affannosamente l’eletto, che non riescono a discernere, e che forse non esiste. Orribile strazio questo della donna evoluta nella moderna società; ineffabile martirio. Intanto fugge la bella giovinezza e la povera vittima, se non si atrofizza miseramente, o se non muore consunta dal fuoco che l’abbrucia, smarrisce a poco a poco il ricordo dei suoi fieri propositi, dei suoi alti ideali, e accecata dalla passione, infralita dall’inutile attesa, si abbandona fatalmente a un tardo e spesso funesto errore.
Senza avere un’idea chiara dello stato psicologico e fisiologico proprio e delle sue simili, Maria sentiva che una legge fatale pesava su lei e sovra numerosissime donne e fanciulle della sua condizione. Così ella vedeva Eugenia, meno intellettuale, meno altera, ma sensibilissima e stanca di languire, e tuttavia paurosa di un errore irreparabile, legarsi in un matrimonio quasi abbietto per sottrarsi a un male maggiore. E vedeva Antonietta, oppressa dalla stessa paurosa vertigine, rifiutarsi ostinatamente all’amato che pure tanto l’amava. E nella figurazione del pensiero vedeva invece la sua povera mamma perdersi per un traditore. E finalmente sè stessa