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varla quella luce: rivedeva tutto buio, tutto triste come alla prima impressione. Anche peggio.
Riprese la lettera di sotto al guanciale, la guardò lungamente e ne aspirò il profumo che le parve acre e le diede una leggera nausea. Ebbe un principio di vertigine, da cui si riebbe sollevandosi con tutto il busto e appoggiando la testa e la schiena all’alta spalliera del letto. Si mise a scorrere la lettera fermandosi con attenzione ai punti più salienti. La sapeva a memoria quasi da cima a fondo. Dopo alcuni minuti la lasciò cadere scoraggiata. Ora, la prima impressione le pareva la vera. Come mai quelle frasi lambiccate avevano potuto illuderla, farla sognare, sperare? Chinò la fronte confusa e un lieve rossore le tinse le gote. La voce interna le diceva: „Tu pensi troppo all’amore: lo desideri troppo intensamente; e Faustino Belli che ha capito il tuo debole, crede...“
— E chi sa cosa crede! — esclamò la fanciulla coprendosi la faccia con le mani.
Grosse lagrime le empirono gli occhi; e in quell’ora mattinale, in quell’ora candida e fredda, ella ebbe vergogna e pietà di se stessa.
Volle alzarsi, distruggere quella lettera: dimenticare, dimenticare. Si vestì rapidamente. Accese una candela e bruciò la lettera dall’acre profumo. Si affacciò alla finestra per respirare un’aria più pura. Il cielo grigio, latteo si stendeva come un lenzuolo mortuario sulle case