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turi citò il pittore Massacra che, acceso di passione patriottica, spronava ed aiutava i coscritti dell’Austria a scappare in Piemonte.
Subito mille ricordi si destarono nella mente lucida del Pagliardi. Com’ era suo costume, si mise a parlare di quei tempi avventurosi con abbondanza di particolari. E narrò del Massacra che egli aveva conosciuto, tratteggiando la bella figura dell’eroico artista pavese con entusiasmo giovanile e un po’ di quel lirismo che gli uomini del Quarantotto conservano nei loro cuori, malgrado gli anni e i mutamenti infiniti dell’ambiente.
Le due fanciulle piansero di pietà alla descrizione della morte del giovane eroe nelle braccia della madre.
Il Bertalli trovava invece che i ricordi della rivoluzione tornano funesti ai giovani: che non si doveva glorificare un uomo, il quale aveva incitato i soldati a disertare la bandiera, fosse pure la bandiera d’Austria.
— Paradossi, paradossi — mormorava Paolo Venturi.
La solita disputa politica si accese.
Trovandosi a disagio, tra le sue idee sociali ultra-conservatrici e gli entusiasmi rivoluzionari del Quarantotto sempre presenti al suo spirito, il Pagliardi troncò la disputa dicendo:
— Andiamo a terra, piuttosto, a bere il vin bianco di Tognolo: è più sano.