Pagina:Speraz - Nella nebbia.pdf/106


— 104 —

suno; i più piccoli ritagli di spazio furono utilizzati nella grande aula, e, spalancando tutte le porte, fu possibile collocare un certo numero di sedie anche nelle stanze attigue. Insomma, un avvenimento colossale, che aveva messo la febbre addosso a tutto il collegio, dalla vecchia direttrice alla giovane moglie del portiere; e del quale doveva restar memoria negli annali delle glorie scolastiche.

E le ragazze che da fare davano! C’era da perder la testa a sentirle, specialmente l’ultimo corso. La povera Ernestina Maggi ci rimetteva quel po’ di forza.

Le alunne di canto, le musiciste che studiavano il loro pezzo da quattro mesi, man mano che s’avvicinava il momento di farsi sentire in pubblico, lo suonavano peggio: parevano malate. Non mangiavano, avevano dei tremiti, dei capogiri. Senza l’esperienza di tutti gli anni ci sarebbe stato di che disperarsi. Ma quando arrivò il gran giorno, accadde quello che accadeva tutti gli anni: all’ora precisa, si trovarono tutte al loro posto, vispe, gaie, eccitate, con gli occhi lucenti, avide di trionfi, di occhiate; piene di curiosità e di civetteria.

La signora Maggi che prima aveva creduto necessario di incoraggiarle, di spingerle, ora non sapeva come fare a tenerle in freno. Del resto, ne aveva appena il tempo, poichè ogni cosa metteva capo a lei e tutti la chiamavano.

Lei accorreva dappertutto; cercava di bastare all’enorme bisogna: perchè era l’ultimo anno, anche per lei che se ne andava da quel collegio. Ad ogni cosa che le richiedevano, le maestrine sue compagne e la direttrice stessa, non mancavano di farle osservare ch’era l’ultima volta, che tanto lei le abbandonava per sempre e non l’avrebbero più seccata.