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ella riesciva a persuadersi che questa fosse la verità, si sentiva presa da tanta noja e stanchezza della vita, che ripiombava involontariamente nelle sue fantastiche induzioni.

Non aveva nessuno a cui confidarsi, nessuna parola utile e buona giungeva fino al suo cuore.

Zia Caterina le scriveva di tratto in tratto, e le sue lettere erano piene di consigli prudenti e di raccomandazioni; ma quelle parole troppo semplici e rozze non potevano avere alcuna influenza sull’animo suo.

Avrebbe voluto potersi trovare con mistress Thicnny. Con tutte le sue originalità, forse anche un poco in causa di queste, la vecchia inglese le era molto simpatica. Ella sapeva dirle delle cose serie e darle qualche buon consiglio senza assumere il tono predicatorio per cui zia Caterina le era diventata insopportabile fin dalla infanzia.

Neppure con lei avrebbe osato confessarsi intieramente, ma la sua conversazione le avrebbe fatto bene, l’avrebbe distratta e sostenuta parlandole della vita e del mondo con l’esperienza pratica ch’ella ne aveva.

Disgraziatamente la eccentrica e buona donna aveva lasciato il lago senza più recarsi a villa Pianosi. Gilda sola aveva ricevuto i suoi saluti in un bigliettino. Fuggiva le nebbie e andava a cercare il sole sulla riva di Napoli. Le mandava il suo indirizzo perchè le scrivesse qualche volta, e se mai aveva bisogno di qualche cosa, pensasse che mistress Thionny non dimenticava le sue simpatie.

Gilda ripiegò il biglietto e lo chiuse nel suo