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314 | nell’ingranaggio |
l’indefinibile sorriso o negli occhi, l’impressione delle parole che aveva ascoltate e pronunciate un momento prima, continuando forse mentalmente quella conversazione, poichè ne’ suoi occhi ardeva un pensiero intenso, e sulle sue labbra ondeggiava la compiacenza. Girò lo sguardo in cerca della sua famiglia, che un gruppo di persone in piedi, appena arrivate, gli nascondevano; e incontrò lo sguardo ardente di Gilda. La fissò un momento senza riconoscerla.
Per resistere alla tentazione violenta di chiamarlo per nome, ella chiuse gli occhi e chinò la fronte. Quando li riaperse lo vide chinato verso di Lea, che gli era corsa incontro.
Ora poteva guardarlo almeno!
Voleva imprimersi nell’anima la cara immagine e portarla con sè viva e parlante.
Egli si voltò due volte verso di lei. Pareva che quella figura nera, accasciata, quel mistero, quella solitudine gl’inspirassero una involontaria curiosità. O era la muta attrazione dello sguardo amoroso di lei, ch’egli subiva senza sapere?
Intanto l’ora appressava.
Il movimento sotto la tettoja diventava sempre più vivo: era arrivato il treno diretto: le locomotive fischiavano acutamente; brevi ordini partivano; le porte delle sale d’aspetto venivano spalancate; la folla dei viaggiatori si arrovesciava sul largo marciapiedi sotto la tettoja affrettandosi verso quella lunga massa nera, dalla testa ruggente, dagli occhi rossi come due brage.
Gilda si alzò e si trattenne un momento, aspettando che uscissero prima i Pianosi, contenendosi in modo da rimanere poco discosta da Gio-