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nell’ingranaggio 25


un tranello ch’ella tendeva inconsciamente a sè stessa, occupandosi delle angoscie segrete di quel bel signore dalle maniere così nobili, dall’aspetto imponente col quale viveva sotto lo stesso tetto, e che le dimostrava in tanti modi delicati, spesso quasi inavvertibili, la sua attenzione e la sua simpatia.

Sorvegliando i bambini degli invitati che giuocavano e ballavano con Lea in un angolo della terrazza, Gilda osservava, ora, il Banchiere che passeggiava in su e in giù discorrendo col suo giornalista. Si erano recati da quella parte per essere un po’ più isolati, e il discorso li assorbiva. Tuttavia, il Pianosi la vide subite, e passando davanti a lei la salutò con un sorriso.

Due altre persone la videro in quello stesso momento, e si accostarono a lei dalla parte opposta.

Uno era l’avvocatino Paolo Anselmi, un amico della casa, non un corteggiatore assiduo della signora, ma forse, a certi indizi, il più ben accolto.

Gilda non lo poteva soffrire; specialmente per questo, che davanti alla signora Edvige era riservatissimo con lei, fingeva di non vederla o la salutava appena; invece, quando gli accadeva di trovarla sola, non le dava pace coi suoi complimenti poco distinti e le sue dichiarazioni libertine. Questo contegno la offendeva crudelmente, come un vero insulto alla sua delicatezza di fanciulla onesta e al suo orgoglio femminile.

— Finalmente la trovo! — le disse porgendole la mano, ch’ella finse di non vedere: — perchè si nasconde così agli occhi di chi non brama altro che vederla?