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Un gruppo di giovinetti ricchi e indipendenti, tutti frequentatori di casa Pianosi e amici di lui, come Balzarotti, Angelo Bandinelli, un omino piccino, pieno di fuoco; Teruzzi, Emilio Berrà, Guglielmo Besana, Egidio Lattuada, Pietro Albasini, Enrico Lavezzari e Attilio Ferri, il consiglier comunale dalle arie romantiche; avevano ordinati tre grandi mazzi di fiori, con larghe sciarpe di seta, per fare omaggio alla giovine attrice, subito nella prima scena.

— Vi uniremo tutti i nostri biglietti di visita, diceva malignamente il piccolo Bandinelli, affinchè ci tenga in nota...

— E sappia su chi può contare, soggiungeva il consiglier Attilio, arruffandosi i capelli con la mano nervosa.

Ma già il riposo dopo la prima commedia volgeva al suo termine. L’orchestrina suonava maliconicamente un’aria d’amore. Ora tutti questi eleganti prendevano il teatro d’assalto, andando alla ricerca dei loro posti, sparpagliandosi nelle sedie chiuse, nelle poltrone, nei palchetti, nelle gallerie del secondo ordine, portando l’allarme in molti petti maschili di mariti e di amanti, facendo sbattere molti occhi e palpitare molti cuori di fanciulle.

Un gruppo di giornalisti arrivava in ritardo: il cavaliere Alessandri col suo profilo leonino, la testa calva, gli occhi stanchi, il ventre invadente; Antonio Antonini, diritto e grosso, col suo gran cilindro: una specie di torrione sormontato da una torricella. Essi avevano il palchetto. Michele Krauschnitz, il biondo, l’avvocato Blendano tutto acceso di entusiasmo, determinato a insinuarsi sul