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nell’ingranaggio 247

lei, si sentiva rigettata indietro ad ogni sforzo che faceva, ridotta al punto di cadere in una miseria più insopportabile di quella cui aveva anelato di sottrarsi!

Rammentava le sue illusioni giovanili, le sue gioie dello studio, le intense soddisfazioni della scuola, quando il professore di letteratura le faceva leggere ad alta voce il suo componimento, che aveva giudicato il più bello, perchè le sue compagne lo sentissero, e queste, sinceramente entusiasmate, a stento si trattenevano dall’applaudirla. Quali speranze, allora, che orizzonti si aprivano alla sua anima ardente, alla sua mente vigorosa e ignara della realtà!

Ingenuamente li aveva confidati al suo giornaletto quei piccoli trionfi ingranditi dalla inesperienza: quei bei sogni luminosi: ingenuamente aveva creduto di poter contare sopra un avvenire pieno di onore, sopra una agiatezza dovuta al suo lavoro intelligente ed assiduo.

Invece, appena entrata nella vita attiva aveva dovuto interrompere gli studi, giusto nel momento in cui acquistava la piena coscenza della propria ignoranza.

Ora la sua passione, un’altra illusione, l’aveva portata là, in quella falsa decenza, in quella società ambigua; e sul teatro avrebbe avuto sempre vicino suo padre, caduto in quella bassezza, con quella sua aria di condiscendenza abbietta, di soggezione ironica, che la rivoltava.

I suoi pensieri si smarrivano; la sua volontà si affievoliva. — Si sentiva vinta, incapace di resistere.

Intanto tutta la casa entrava in un parossismo