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sua naturale bellezza acquistava uno splendore e una grazia sorprendente.

Le casigliane, che l’avevano per superba, perchè non si fermava mai a chiacchierare in portineria, nè sulla ringhiera, si affacciarono chiamandosi da un piano all’altro, per vederla passare traverso il cortile. La guardavano con sorda collera e bisbigliavano fra di loro parole poco benevoli.

Ma lei passò indifferente e bella come una creatura di razza superiore, che tali miserie non possono turbare. Forse non se ne accorse nemmeno, come non s’accorse dei mille occhi che si fermarono su lei in istrada. Il suo pensiero era lontano dalle cose presenti, e il cuore le batteva fortissimo nell’ansietà della aspettativa.

Chi sa se l’avrebbe trovato solo? E come l’avrebbe accolta? E quale sarebbe stata la prima parola che avrebbe pronunciato! Per il caso di non trovarlo, aveva preparato un biglietto in cui lo pregava di aspettarla il domani: la banca era un luogo pubblico, dove poteva essere condotta da un affare qualunque; e nessuno degli impiegati la conosceva. Questa considerazione serviva a mantenere la sua franchezza; tuttavia, man mano che si avvicinava alla meta, nei dintorni di piazza del Duomo, sentiva un tremito invincibile in tutte le membra.

Quando fu sull’angolo di via Rastrelli, un signore le si fece incontro, levandosi il cappello e inchinandola con aristocratica disinvoltura.

Ella non lo vide se non quando le fu vicinissimo, e mandò un piccolo grido di sorpresa e sbigottimento.

Era l’avvocatino Anselmi.