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scusava quella colpevole: il giudice diventava difensore. E a marcio dispetto del proprio istinto di borghese, il giovine studente, già quasi medico, l’entusiasta adoratore della scienza, sentiva che Argìa aveva ragione di non potersi convincere che il fallo commesso la rendesse degna di un castigo terribile, nè del disonore, nè di un perdono umiliante: ragione, di ribellarsi alla confessione particolareggiata ch’egli voleva da lei. I pensieri che grmogliavano, per semplice intuizione, in quella povera anima martoriata, erano giusti; e nulla avevano in sè di perverso. Erano pensieri e sentimenti derivanti dai principii scientifici e liberali ch’egli stesso aveva abbracciati con entusiasmo, allorchè non poteva dubitare di trovarsi in lotta con essi: ignaro dell’enorme differenza che passa tra il pensare da filosofo e da scienziato, e l’operare da semplice uomo nelle vicissitudini della vita.

Fausto non era un debole, nè un retore, nè