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tratto il visino alla invetriata di un balcone del primo piano, spiaccicando spietatamente la punta del suo nasino per fare dei segni bizzarri, delle smorfiette satiriche.

Di tratto in tratto Vittorio le sorrideva, o la minacciava furiosamente col gesto; poi faceva mostra di rimettersi a studiare; ma l’istante appresso tornava a distrarsi.

All’altra estremità della camera — una camera immensa, riscaldata dal calorifero che dalla cantina diramava le sue arterie per tutta la casa, e rallegrata dalla fiamma del caminetto — Fausto scriveva curvo sul suo tavolino.

Aveva da fare un resoconto di clinica.

Il tavolino sul quale scriveva era nel vano di una finestra che dava sulla corte. Egli sedeva dunque voltando le spalle a Vittorio, alla finestra di strada e alla casa dei Pisani. S’era messo così per concentrarsi di più. Voleva assorbire tutto il suo spirito nel lavoro; do-