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Vorrei abbattere ogni cosa... bruciare... distruggere!...

Si arrestò spaventata. Che cosa aveva detto?...

Tenero come una madre, il giovine si chinò su lei accarezzandola.

— Argìa! Argìa! povera piccina, sei ammalata, sei stanca; i tuoi poveri nervi accasciati protestano contro la ferocia della tua volontà. Dimentica i tuoi dolori, Argìa, dimentica i brutti giorni! Io sono qui, ti amo, sono tutto tuo... sposo..., amico..., fratello... quale tu mi vorrai!... Appoggiati su me; confidati all’amor mio!

Lentamente Argìa si staccò dall’albero e fissò i suoi occhi dolci in quelli del giovine.

Così soleva guardarlo una volta, quando lo amava. Quanto amore in quel lungo sguardo e che tenerezza!

Lo amava dunque ancora, poichè lo guardava a quel modo?...

Sommessamente egli la chiamò: