Pagina:Speraz - Il romanzo della morte.pdf/43


— 37 —

miei sogni. Che io ti amavo da lungo tempo, tu lo sapevi: i miei occhi te l’avevano detto... Così io sapevo di non esserti indifferente. Vero, Argìa?...

“Capisco, capisco... non irritarti!... Sei mesi sono trascorsi... sei mesi di apparente oblio... e tu hai creduto che io ti avessi dimenticata... che amassi un’altra... Ebbene, senti... io posso avere avuto torto, ma non ho amato che te!... Ed ora sono qui per sempre e mio zio ha chiesto la tua mano al babbo i miei acconsentono... Non ti basta?... No?... Ah! lo sapevi?... Sapevi... ed eri qui a piangere?! Oh! Argìa! Argìa! Come sei cattiva! Mi strazi il cuore...

Egli si era seduto vicino a lei, sulla stessa panca; le aveva ripresa una mano che portava alle labbra con passione. Ma Argìa non sentiva.

La testa bassa, le guancie irrigate di grosse lagrime, ella rimaneva immobile, come irrigidita.