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Egli tremava da capo a piedi; una nube gli oscurava la vista.

La stradicciuola scendeva davanti a lui per lieve declivio; coperta da una pergola lunga; una specie di tunnel fronzuto che l’autunno tingeva dei suoi sfarzosi colori di porpora e d’oro.

In fondo; il pergolato si allargava in un chiosco; e le viti s’intrecciavano a rosai bianchi; rossi e gialli, di quelli che durano a fiorire tutto l’autunno. L’esile timo, la maggiorana e le arboscelle del ramerino spandevano intorno i dolci aromi. In mezzo al chiosco era una tavola e alcune panche di pietra.

Là sedeva Argìa, il bel corpo abbandonato; soprafatta da una crisi di pianto.

Fausto la guardava e il cuore gli batteva a colpi disordinati, e le gambe, fatte pesanti, gli davano la sensazione d’irradicarsi nel terreno. Ma un leggero movimento della fanciulla lo fece riscuotere; ed egli tornò a muo-