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Lui stesso forse? No, ah! no! Non lui... quell’altro! L’aveva sposata: si amavano, e parlavano di lui, morto, con quella mestizia leggera, per cui i felici sentono più intensamente la gioia di vivere e di amare.

Egli assisteva ai loro colloqui: sentiva i loro baci lunghi, sonanti... Voleva fuggire; fuggire l’odiato spettacolo, ma non poteva: l’attrazione lo inchiodava. Un peso enorme gli gravava il petto... Era la pietra tumulare, che lo divideva dal mondo, la pietra su cui Argìa aveva voluto morire... Ah! ah! ah! ah! ah! Come rideva!

Il riso atroce si mutò in un terribile scoppio di tosse. Pareva che il petto gli si frangesse. Uno sputo oscuro, sanguinolento, gli insozzò la bocca. Il professor Pisani e Vittorio accorsero con premura per sostenerlo. Passato l’assalto gli somministrarono alcune cucchiaiate di una pozione efficacissima, fatta preparare dal Pisani.