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Gli avversari del professore pretendevano ch’egli l’avesse fatta morire a forza di rimproveri e di spaventi.

Lui invece era convinto di averla adorata; e, siccome rimaneva vedovo, si vantava fedele oltre la tomba.

Don Paolo Giudici, abate e letterato, ricchissimo, settantenne e gaudente, somigliava in fondo dell’anima all’amico suo, sebbene all’esterno sembrasse l’opposto. Piccolino ed esile, mentre l’altro era alto e robusto, Don Paolo conservava, insieme alla giovanilità dell’animo una grande dolcezza di modi e una placidità inalterabile. Era stato un bel prete, un prete galante, e ci teneva ad esserlo, od almeno a sembrarlo ancora.

Nessun elegante sapeva portare l’abito di società con maggior distinzione di quella con cui don Paolo portava la veste talare.

La fisonomia espressiva, gli occhietti vivi, le folte sopracciglia nere e la chioma bianca