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I campagnuoli intabarrati lo guardavano di sotto in su; avendo l’aria di chiedersi; dove poteva andare a quell’ora e con quel po’ po’ di freddo; un signorino in paletot corto e attillato.

Certo non potevano supporre qual lugubre meta egli si proponesse. Altre immaginazioni occorrevano; altre intelligenze per leggere in quello sguardo limpido e freddo; in quel viso fresco e delicato; su cui la sventura non aveva ancora avuto il tempo d’imprimere il suo marchio.

Quanto a lui; non guardava nessuno; forse non vedeva che ombre confuse. Gli occhi suoi non si staccavano dal paesaggio; che gli appariva animato e coscente e legato a lui e al suo destino per recondite simpatie.

Si fermava di tratto, in tratto, senza volontà determinata, dinanzi agli stagni gelati, fantastici specchi su cui si riflettevano bizzarri disegni, misteriose immagini.

La lucentezza grigiastra di quegli abissi