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convenzioni, le meschine idee ricevute. Tu non sei niente più colpevole di me, Argìa! Lo sa la mia coscienza. Quando ti accuso sono ingiusto: sono un povero essere debole e geloso. Tu devi compatirmi, perdonarmi: non darmi ragione però: non mai avvilirti.

“E se tu avessi ceduto al mio barbaro intento di farti narrare ciò che tanto ti affligge, ti saresti avvilita. Ti ringrazio, o mia Argìa, di non averlo fatto!... Io ti amo tanto, appunto per questo tuo orgoglio. No, tu non sei più colpevole di me. Se io non ti avessi abbandonata, tu non saresti caduta; e se io fossi stato veramente forte, se non avessi titubato di fronte alla suggestione della famiglia e del pregiudizio, non ti avrei lasciata così, sei lunghi mesi; nutrendo la sciocca pretesa che tu non disperassi di me, mentre io mi dibattevo con le mie debolezze.

“Alza la testa stanca ed oppressa, dolce fanciulla mia! Ma non disdegnare il tuo po-