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Un riso atroce gli stirò la bocca e una parola oscena uscì fischiando dalle sue labbra.

Egli stesso n’ebbe vergogna, e nell’ira subitanea ed inconscia di essersi abbassato a quel punto, afferrò la giovine alle spalle, e scuotendola brutalmente le gridò nella gola:

— Parla o ti ammazzo!... Inventa delle scuse. Menti, sii femmina! Ma racconta qualche cosa! Non vedi che impazzisco?

— Non posso! — sospirò Argìa. — Vorrei dirti tutto... Ti sembrerei meno... rea... Ma non posso... non so raccontare... È impossibile!.. E poi, tu non mi crederesti...

— Vuol dire ch’è tutto falsità quello che pensi di dirmi!

— Come vuoi: io non mi difendo.

— Mi sfidi?... Maledetta!...

Si voltò per afferrare una forbice lunga, affilata, che splendeva sul tavolino da lavoro; ma Argìa lo prevenne. Afferrata la forbice, prima ch’ei potesse raggiungerla, se l’appressò al collo.