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La povera Argìa era assediata, mitragliata da quegli occhi, capaci di esprimere tutti i sentimenti, senza che l’anima vi prendesse parte..

Già non era padrona di non guardarlo.

Di tratto in tratto, aveva come un barlume del pericolo: la sua volontà si risvegliava improvvisamente, e con grande fatica ella riesciva a tenere gli occhi bassi.

Ma non ci reggeva a lungo.

Egli le imponeva di guardarlo; ed ella doveva obbedire al fascinatore, dopo un istante di lotta intima. Cedeva senza accorgersene, e trovava una sorta di benessere, un dolce riposo in quell’abbandono della volontà.

Allora le accadeva una cosa strana: non vedeva più nulla del viso di quell’uomo; non vedeva che gli occhi. E quegli occhi scintillanti, magnetici, imperiosi, erano di Fausto! Era Fausto che la guardava così.

L’allucinazione non durava che brevi istanti, ma era terribile.