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Da parte di una fanciulla, l’amore andava inteso quale un mezzo per accasarsi bene, e un passatempo piacevole: un affare e una farsa; guai a chi ne faceva la tragedia della vita!

Gli uomini non meritavano l’amore delicato, esclusivo, spesso sublime di certe donne. Quelle illusioni, quelle tenerezze erano margherite gettate ai porci.

Era un pezzo ch’egli le ponsava quelle cose. Finchè si trattava delle altre lasciava correre: che gl’importava? Peggio per loro se l’esperienza e l’esempio non lo illuminava; peggio per i loro genitori che le allevavano così stupidamente.

Ora però, ora che si trattava della sua Argìa, della sua creatura prediletta, tirata su con tanto amore, con tanta cura; ora non poteva tacere, lasciar correre. Argìa non doveva soffrire per un uomo: avrebbe parlato tanto finchè l’avrebbe convinta che nessuno, proprio nessuno meritava le lagrime, il dolore di lei. Fausto meno di chiunque.