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Fausto la interruppe, crollò il capo e si alzò.

— No, Argìa, no!... Alzati! andiamo! Non voglio cedere alla tua vertigine. Non così, non così... Tu non hai capito. La nostra morte deve essere una festa, un tripudio. E poi, i nostri corpi devono rimanere nascosti, il più che si può... M’intendi? La mia gelosia sorpassa la morte.

Tornò a stringerla ed a baciarla quasi in delirio.

— Io vorrei morire subito — mormorò la fanciulla. — La morte è incerta come la vita!... Forse un istante simile non ritornerà mai più. Moriamo subito, Fausto!

Curva sull’abisso nero, ella fissava il vuoto con gli occhi intenti, ascoltando la cascatella che ridacchiava in fondo al muraglione.

Si sentiva attirata da un fascino misterioso.

Ma Fausto la strappò via.

— Vieni, Argìa, vieni! Più bella deve essere la nostra fine, più poetica. Vieni!